Torino, proprietario di casa paga tasse e bollette ma l’anagrafe lo cancella

Siete sicuri di esistere? Perché molti torinesi si stanno accorgendo che per l’anagrafe cittadina non esistono più. Cancellati «per irreperibilità cenusaria». Non hanno più titolo ai diritti garantiti dalla residenza, compreso quello di essere nelle liste per l’assistenza sanitaria. E allora — scrive La Stampa — prima di rispondere alla domanda, portate le prove: sappiate però che il fatto che non abbiate mai smesso di pagare le tasse sulla casa, quelle sui rifiuti, né le bollette, non dimostra proprio niente. Perché, per quanto cancellati dall’anagrafe, i concittadini che si sono accorti di non avere più titolo di rivendicare i loro diritti, esistevano perfettamente per ottemperare ai loro doveri. Depennati dagli uffici di via della Consolata, vivi e reperibilissimi per l’ufficio tributi.

Questa è, ad esempio, la storia di Federico, 41 anni, freelance. Che non ha risposto al censimento del 2011 ed è una delle persone che ha contattato La Stampa dopo aver letto nelle settimane scorse dei cittadini «fantasma» cancellati dall’anagrafe. Piccolo passo indietro: i dati tra i censiti e gli iscritti alle anagrafi sono sempre discordanti; per questo, dopo il censimento, hanno preso il via le operazioni di revisione anagrafica. Dati a confronto, controlli incrociati e, infine, l’invio del notificatore a casa, per capire chi sia veramente sparito e chi non abbia risposto oppure si sia solo trasferito. Un lavoro che a Torino si è concluso con la cancellazione per irreperibilità di 10.224 persone. Tra cui, Federico. «Ero stato un paio di mesi all’estero – racconta – ai tempi del censimento. Poi sono rientrato e a dicembre 2015 ho scoperto di essere stato cancellato. È successo quando ho avuto bisogno di una risonanza magnetica al ginocchio. Non potevo prenotare l’esame perché non potevo più usufruire del servizio sanitario». Federico è proprietario della casa in cui vive: «Mi chiedo quali controlli abbiano fatto. L’unica cosa che ho scoperto è che risultava una raccomandata inesitata, nel 2014: il notificatore non mi aveva trovato a casa. Possibile che, in cinque anni, quella sia l’unica raccomandata che non ho ricevuto? Ma, soprattutto: ho pagato le tasse, le bollette, sarebbe bastato controllare con l’ufficio tributi prima di arrivare a una soluzione così drastica». Il paradosso — conclude il quotidiano — è stato reiscriversi: ha pagato i 43 euro dovuti per la pratica, ma è stato costretto a mentire: «I moduli non prevedevano un loro errore: per riottenere la residenza ho dovuto sottoscrivere una dichiarazione in cui affermo di arrivare da un altro Comune e in cui scelgo la mia “nuova” residenza, che è sempre casa mia, che non è mai cambiata».

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